Le migrazioni sono un tragico tema del nostro presente. Secondo stime diramate da UNHCR più di 65 milioni di persone al mondo sono profughi. Sono uomini donne e bambini costretti ad abbandonare le loro case a causa di guerre, dittature, scontri etnici e religiosi, carestie e persecuzioni. Più del 40% di essi sono bambini e vederli con i tuoi occhi stringe il cuore perché potrebbero essere i tuoi figli. Hanno abiti laceri, piedi scalzi e feriti a causa delle marce forzate nei boschi che li portano dall’Asia o dal Medioriente verso le porte dell’Europa. Un’Europa sorda alle loro urla, chiusa ed egoista, che costruisce nuovi Muri. Le United Nations tacciono e così pure le Grandi potenze (USA e Russia) che entrano in gioco solo per bombardare la Siria e Iraq. Con le bombe non si ferma la catastrofe umanitaria che è in corso da anni in tutto il MO, Afghanistan e Africa sud-Sahariana. Un silenzio assordante del mondo sull’intervento armato dell’Arabia Saudita in Yemen. E poi i giornali gridano all’invasione. Siamo noi occidentali che abbiamo seminato fame e morte.
La comunità internazionale è colpevole per tutti i crimini compiuti ogni giorno su civili innocenti. Il Sahara e il Mar Mediterraneo sono diventati un cimitero di migranti. Davanti a tutto questo ho deciso di creare un progetto di documentazione dal titolo “Inside the Balkan Route” affinchè nessuno possa dire non sapevo.
Con il collega Denis Vorobyov, film-director, abbiamo intrapreso nella primavera 2016 un lungo viaggio, da Lesbos a Gorizia, facendo una vita da profughi tra i profughi, per documentare e per conoscere i loro drammi e le loro storie. Le nostre tappe hanno seguito la rotta dei migranti: Lesbos, Atene, Idomeni, Skopje, Belgrado, Subotica, Budapest, Zagreb e infine Gorizia, zona di confine tra Slovenia e Italia. Ci siamo dati il tempo che serve, senza correre dietro la notizia ma approfondendo le questioni o i casi umani che non si trovano sui giornali e nei programmi televisivi. Abbiamo consumato le scarpe seconde le buone vecchie regole del giornalismo. Abbiamo scoperto cose che non avremmo mai voluto sentire: torture, rapimenti, violenze di ogni tipo sono una triste normalità tra i profughi in viaggio. I trafficanti di uomini sono crudeli aguzzini e spolpano ogni profugo fino all’osso. Ma per scoprirlo bisogna aspettare, vivere con loro, attendere che i più vulnerabili abbiano fiducia e si aprano a confidenze indicibili. Questo viaggio è come la passione di Cristo dice un profugo tamil incontrato nell’Afghan Park di Belgrado.
Nell’isola di Lesbos, dove da mesi arrivano piccole barche o gommoni carichi di migranti, operano ogni notte le cliniche mobili di MSF (Medicines sans Frontieres) e i rescue team di Sea-Watch, volontari di Berlino, che percorrono le acque buie che separano la costa turca dagli scogli di Lesbos in cerca di migranti bisognosi di soccorso. La risposta delle istituzioni greche è una risposta securitaria. Anziché approntare campi profughi e identificare le necessità di ciascuno di loro, si preferisce chiudere i migranti in campi di concentramento militarizzati come quello di Moria. Luoghi dai quali non sai se e quando potrai uscire. MSF ha preso una netta posizione di condanna nei confronti delle autorità greche ed ha denunciato gravi violazioni dei diritti umani in questi campi che non accolgono e che stroncano in modo disumano tutte le speranze di questi migranti che sono diventati un problema politico e di sicurezza per l’Europa.
Al contrario noi pensiamo che il problema sia un’Europa che non rispetta i principi sui quali è stata fondata alla fine della seconda guerra mondiale. Non si rispettano i diritti di libera circolazione né quelli di perseguitati, richiedenti asilo politico o minori vulnerabili. Un’Europa che crolla di fronte a questa crisi umanitaria e che sa dare solo risposte repressive. Con tutti i fondi spesi per Frontex si potevano costruire luoghi di accoglienza più idenei o creare corridoi umanitari. Hanno vinto i poteri forti, le mafie, i trafficanti e la corruzione. Questa è una sconfitta per tutti i valori umani, laici e cristiani su cui si costruisce la storia dell’Europa.
Abbiamo girato un documentario che diventerà uno strumento di conoscenza e di denuncia. Abbiamo voluto dare voce a chi non ha diritti. Queste persone che ci hanno voluto raccontare le loro storie hanno un nome, tradizioni spesso millenarie e voglia di costruire il loro futuro. Hana, somala, 18 anni, dice “Voglio vivere come tutti gli altri giovani. Sono stanca della guerra e della violenza. A noi donne è tutto negato. Ci aspetta una vita da schiave e io mi sono ribellata”. Hana è forte e sono certo che ce la farà. Ma la strada è piena di ostacoli. Siamo stati con il team medico di MSF nella terra di nessuno, tra Serbia e Ungheria, dove i profughi passano settimane senza un riparo, senza cibo, senza acqua, senza una doccia. I loro piedi sono piagati, i bambini si ammalano per il freddo notturno o per le scarse condizioni igieniche. Solo MSF porta loro una coperta e assistenza medica. Ma questa situazione emergenziale non può continuare. Moriranno di malattie o soffocati nel tentativo di sfondare i reticolati o in qualche campo di concentramento disperso nella campagna ungherese o croata.
Hasnain, richiedente asilo incontrato a Gorizia, ricorda con orrore l’arrivo nella notte al confine sloveno: ”Eravamo una ventina, afghani e pakistani. Abbiamo marciato per cinque mesi nei boschi per arrivare alla meta attraverso Grecia, Bulgaria, Serbia, Ungheria e Croazia. Giunti al confine sloveno abbiano trovato soldati e la Polizia di Frontex con cani molto aggressivi. Chi di noi ha cercato di attraversare di corsa il confine è stato sbranato dai cani. Noi siamo scappati e ci siamo portati a braccia i feriti fino al confine Italiano. Ora a Gorizia siamo al sicuro e abbiamo richiesto asilo politico. Nessuno ci aveva detto che i confini sono chiusi. Abbiamo speso tutti i nostri soldi per vivere, ma la Balkan Route è disseminata di cadaveri. Molti, troppi di noi non ce l’hanno fatta”. L’unico importante fattore positivo incontrato in questo lungo viaggio è dato dalle capacità di resistenza dei migranti ad ogni tipo di avversità e ritengo molto positiva la presenza di tanti giovani volontari provenienti da tanti Paesi. Sulla loro buona volontà ed i sani principi della solidarietà umana, mi auguro si costruiscano le basi di una nuova Europa. (All rights reserved)