Livio Senigalliesi
Photoreporter

Congo

Cronaca

Un viaggio nel “cuore di tenebra”, tra guerriglieri, moto cinesi e cercatori d’oro.
Testo di Raffaele Masto – Foto di Livio Senigalliesi

Sorvolare i Grandi Laghi, nel cuore dell’Africa, è uno spettacolo meraviglioso.
È la stagione delle piogge e il piccolo Cessna vola basso per evitare le nuvole minacciose.
È una grande opportunità per godere di un paesaggio che sembra appena creato: l’aereo passa sopra i grandi laghi incastonati nella spaccatura geologica del Rift; l’enorme lago Vittoria, il lago Alberto, il lago Edoardo, il Kivu e infine il Tanganika a sud. Le loro acque blu profondo sono dominate dal maestoso massiccio del Ruwenzori e dalla catena vulcanica del Virunga. Una regione mitica percorsa due secoli fa da coraggiosi missionari ed esploratori alla ricerca delle sorgenti del Nilo.

L’incredibile bellezza geografica di questa regione si scontra con i tragici problemi che la affliggono e lo si scopre ben presto.
Quando l’aereo imposta la rotta e comincia a scendere verso il piccolo aeroporto di Bunia, la capitale della regione congolese nord-orientale dell’Ituri, i minuscoli villaggi sparsi sulle colline sembrano deserti, poi si vede la breve pista dell’aeroporto e in pochi minuti si atterra.

L’incantevole bellezza della zona scompare e presto ti rendi conto che sei finito in uno dei più grandi serbatoi mondiali di malnutrizione e malattie, con migliaia di rifugiati e sfollati, condannati a morte per malattie altrove curabili Questa tragica situazione è la diretta conseguenza della guerra strisciante e dell’instabilità cronica della zona.
Le colline che dall’alto sembravano morbide montagne coperte da umide macchie di savana e foresta pluviale sono il rifugio di diversi gruppi di guerriglieri, bande di disperati armati che attaccano i villaggi e li saccheggiano, rapendo i bambini, i maschi per diventare bambini-soldato, le femmine schiave del sesso. In una parola, spaventano la gente che è costretta a lasciare le proprie case e in questo modo aumentano il numero di sfollati e rifugiati, causando carestie, malnutrizione e malattie.

Fino al 2002 Bunja è stato uno dei principali centri della guerra civile che ha colpito la zona.
Da allora la pace è stata sulla carta ma di fatto la ricostruzione del territorio e della sua rete sociale non è mai avvenuta. Si esce dalla città e si percorre una delle piste impossibili che portano ai centri vicini.
Le uniche attività economiche che si vedono lungo la strada sono l’agricoltura, pochi metri quadrati intorno alle capanne, e l’estrazione dell’oro nei terreni alluvionali, che qui è un’attività diffusa.
Nelle anse dei fiumi e nelle paludi si trovano spesso campi alluvionali d’oro che attirano folle di cercatori d’oro dilettanti che cercano pepite d’oro e pagliuzze nel fango con dei semplici setacci; l’oro non è un metallo così prezioso qui perché non si può mangiare.

I cercatori d’oro che affollano queste miniere a cielo aperto sono soprattutto bambini e adolescenti che non hanno molta scelta.
Chombè ha circa 20 anni, indossa un paio di jeans logori, e una maglietta di Batman; racconta la sua storia stando in piedi nell’acqua fangosa di una grande pozzanghera fino alle calze, al lato di un fiume non lontano da Bunja.
“Qui lavoriamo insieme, io sono il più vecchio e il capo. Ogni sera raccolgo tutto l’oro che abbiamo trovato, so a chi vendere l’oro. Poi ci dividiamo i soldi che non sono mai abbastanza; speriamo di trovare una grossa pepita e diventare ricchi. E’ come giocare a poker, non si vince quasi mai.”
Chombè e i suoi compagni lavorano dall’alba al tramonto e di solito ottengono giusto i soldi per mangiare due volte al giorno e per tornare la mattina seguente alla stessa pozza.
“Non è un buon lavoro, dice, ma l’unica altra opportunità sarebbe tornare a quello che facevo prima: durante la guerra ero con un gruppo di guerriglieri, ero molto giovane ma avevo un kalashnikov. Sarei potuto rimanere con loro, quando hai un’arma hai sempre qualcosa da mangiare e nei villaggi la gente ti teme; non devi lottare per trovare cibo o donne ma devi vivere nella foresta e se l’esercito ti trova ti ammazza”.

Le parole di Chombè sono la migliore spiegazione di quello che succede nelle lontane regioni del Congo, remote ma ricchissime di cobalto, uranio, coltan, oltre che di oro.
Questi materiali potrebbero essere una benedizione per questi popoli ma sono invece una maledizione. La guerra, l’instabilità politica e i gruppi armati che razziano la foresta sono il risultato dell’avidità di paesi, élite politiche, corporazioni, affaristi e lobby economiche che lottano per ottenere il controllo della zona e della sua ricchezza.
Oggi a Bunja regna la pace, ma l’eco di ciò che accade nella regione circostante arriva inequivocabile.
Non c’è lavoro e le uniche auto in giro per la città sono le quattro ruote motrici bianche delle agenzie ONU e della Cooperazione Internazionale. Per tutti gli altri ci sono moto-taxi, capacità 125, marca SENKE, made in China.

A guidarli ci sono giovani che hanno inventato questo lavoro per evitare di cadere nelle uniche 2 opportunità che gli vengono offerte qui: diventare membri di un gruppo di guerriglieri e guadagnarsi da vivere con un kalashnikov, o giocare a poker in una delle tante pozzanghere fuori Bunja. Possiamo considerare la loro scelta lodevole, purtroppo ci sono troppi moto-taxi all’incrocio rispetto alla richiesta.

Progetti COOPI per aiutare donne e bambini.
Le regioni orientali del Congo sono uno dei luoghi del mondo dove le agenzie umanitarie registrano uno dei più alti tassi di violazione dei diritti umani contro donne e bambini: le donne vengono violentate durante le incursioni della guerriglia nei villaggi e poi spesso infettate dall’HIV, i bambini sono costretti a diventare bambini-soldato.
Diverse agenzie umanitarie che lavorano nell’area cercano di far fronte a queste problematiche Tra queste, la ONG italiana COOPI porta avanti dal 2000 progetti finanziati dalle Agenzie ONU. COOPI lavora in questo contesto per aiutare il recupero psicologico delle vittime di violenza, media nelle famiglie e nei villaggi per favorire il reinserimento, promuove l’istruzione e la formazione professionale per iniziare una nuova vita, aiuta i leader locali a ripristinare un sistema di protezione sociale dalla violenza.

Lobby economiche dietro i gruppi di guerriglia.
Le foreste dell’Ituri e del Kivu sono razziate da diversi gruppi di guerriglieri. I più noti a livello internazionale sono le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda; si calcola che ci siano tra 4000 e 6000 miliziani, spesso molto giovani.
Questo gruppo composto da membri hutu, è nato dopo il genocidio del Ruanda nel 1994.
Gli ex membri dell’esercito e dell’Interhamwe, fuggiti oltre confine, sono accusati di essere gli autori dei massacri di quasi un milione di tutsi ruandesi. Nel corso degli anni le loro fila sono state incrementate da bambini e adolescenti rapiti nei villaggi. Poi l’LRA, il Lord Resistance Army, un gruppo nato in Uganda all’inizio degli anni Novanta e guidato inizialmente da una donna, Alice Lakawena, che ha promesso ai suoi guerriglieri l’immortalità, grazie alla fede cristiana e a un misto di riti tradionaL.
La folle ideologia di questo gruppo mira a creare un paese basato sulla Bibbia e i dieci comandamenti. Infatti in 20 anni hanno rapito decine di migliaia di bambini, costringendo i maschi a diventare guerriglieri e le femmine concubine dei comandanti.
Quando Alice Lakawena ha lasciato il palco, suo nipote Joseph Kony, ricercato dalla Corte Internazionale per crimini di guerra, ha preso il comando. Questi gruppi rappresentano spesso gli interessi delle potenze della regione e delle grandi lobby economiche internazionali che vogliono ottenere il controllo della regione orientale del Congo.

Commercio illegale di oro e metalli nobili.
Un nuovo rapporto dell’ONU, recentemente discusso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, racconta l’ultimo commercio illegale di oro e di armi che, oltre ai gruppi di guerriglieri e ai politici corrotti, coinvolgerebbe apparentemente 2 organizzazioni umanitarie spagnole.
Sembra che ci sia una rete criminale diffusa basata su gruppi ribelli che contrabbandano oro e altri minerali nobili in cambio di armi. Questa rete sarebbe aiutata da potenti commercianti ucraini e bielorussi e dai faccendieri locali e internazionali.

Secondo il rapporto dell’ONU, ogni anno 36 tonnellate d’oro vengono contrabbandate dal Congo verso Ruanda, Uganda e Burundi, per un valore stimato di oltre un miliardo di dollari.

Il rapporto sottolinea anche il fallimento della MONUC, la missione internazionale dell’ONU che lavora in Congo da anni. È la più grande missione che l’ONU abbia mai dispiegato, con più di 20.000 uomini con un mandato limitato alla protezione dei civili. Un mandato che non è stato onorato poiché il numero di rifugiati, sfollati e donne violentate è costantemente aumentato.

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