Diritti violati e cimiteri clandestini. Di Gianni Minà – Latinoamerica n.88
Era il 1975 quando gli squadroni della morte dell’esercito scatenarono l’operazione ‘Tierra rasada’. Volevano stroncare l’attività di gruppi di guerriglieri che si opponevano alla dittatura militare. Bilancio: 626 massacri di contadini innocenti uccisi nei loro villaggi, 200.000 morti, 40.000 desaparesidos, 400 comunità indigene cancellate dalla carta geografica. Negli ultimi anni il coraggioso lavoro del Premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchù ha permesso l’individuazione di numerosi cimiteri clandestini e l’apertura di centinaia di fosse comuni.
I parenti delle vittime chiedevano da anni ‘Justicia y verdad’ e finalmente è giunto il momento di ricomporre i resti delle migliaia di vittime del genocidio perpetrato in Guatemala negli anni Ottanta. Non è stato un lavoro facile in un Paese dove i militari, braccio armato delle 14 famiglie che controllano il 48% della ricchezza nazionale, continuano a vessare la vita dei discendenti della grande civiltà Maya, nell’assoluto disinteresse del mondo. Molti degli anatomopatologi venuti per questo impegno di elementare civiltà, sono stati minacciati perchè i loro rilievi ricostruivano, poco a poco, la mappa delle violenze inflitte ad una popolazione pacifica ma fiera, che lottava contro l’espropriazione delle proprie terre millenarie, ambite perchè nascondevano minerali strategici.
Alcuni di questi studiosi hanno lasciato il Paese, ma molti sono rimasti, sostenuti anche dall’esempio di una donna intrepida come Rigoberta Menchù, che a Chimel, nella provincia del Quichè, ha avuto la famiglia sterminata in quello che è stato il penultimo genocidio, prima di quello del Ruanda, del secolo scorso. Il processo per la strage di Xaman, conclusosi per la prima volta con la condanna di un gruppo di militari assassini, ha segnato un’inversione di rotta nell’ordinaria prepotenza che pochi impongono ancora a molti in questo Paese martoriato.
Livio Senigalliesi, reporter per immagini da tempo impegnato a denunciare storie offensive per l’umanità, ha accompagnato Rigoberta Menchù, tuttora impegnata nella dolorosa ricerca delle ossa dei propri morti, in uno dei tremila cimiteri clandestini. Queste immagini sono la prova di quanto è successo, urlano davanti alla congiura del silenzio, chiedono ragione al mondo dell’impunità che ha protetto gli autori di questi massacri perchè la terra dei Maya era ed è un territorio strategico per gli interessi di multinazionali nordamericane come la United Fruits e per la stessa politica economica degli Stati Uniti in America Latina.